La Fondazione #Pordenonelegge è a pieno titolo divenuta un’istituzione cittadina che riempie di orgoglio gli abitanti di Pordenone e permette alla nostra piccola città di essere la capitale della cultura letta e raccontata dalla voce degli autori per quasi un’intera settimana all’anno.
Ma chi c’è al vertice di questo oggetto tanto prezioso? Di seguito la struttura della governance:
– Giovanni Pavan, Presidente del Consiglio di Amministrazione,
– Michelangelo Agrusti (Vice Presidente),
– Cesare Bertoia (Consigliere),
– Virgilio Maiorano (Consigliere),
– Alberto Marchiori (Consigliere),
– Silvano Pascolo (Consigliere),
– Il Direttore della Fondazione è Michela Zin.
Già dalla composizione della governance ci sarebbe da farsi arricciare il naso per la presenza di certe discutibili figure (Michelangelo Agrusti su tutti, opaco imprenditore, affarista faccendiere, da 40 anni assiduo frequentatore della zona grigia pordenonese) nel cuore di un’istituzione cosi importante per la città e che economicamente, non dimentichiamolo, ha un giro d’affari stimato attorno al milione di euro.
Per aiutare a comprendere, iniziamo con il dire che l’unico organo necessario della fondazione è l’organo di amministrazione, poiché l’assemblea dei soci, presente invece per le associazioni, non è prevista e quindi si possano concentrare in esso tutti i poteri.
Il codice nulla dice circa la composizione dell’organo amministrativo: potrebbe, quindi, essere anche un organo monocratico, sebbene normalmente sia collegiale (variamente denominato: frequentemente consiglio di amministrazione ma negli statuti si trova anche consiglio dei garanti, consiglio direttivo, consiglio di fondazione ecc.).
Lo statuto può stabilire liberamente le modalità di nomina degli amministratori e la loro durata in carica, che può anche essere vitalizia.
Purtroppo, e da qui il titolo di questo post, la disciplina in materia di amministrazione e organi delle fondazioni, contenuta nel codice civile, è estremamente laconica.
Il codice, infatti, si limita a stabilire che gli amministratori sono responsabili verso l’ente secondo le norme del mandato, esentando, però, da responsabilità quelli che non hanno partecipato all’atto causativo del danno, salvo il caso in cui, essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere, non abbiano fatto constare il loro dissenso.
Di solito la rappresentanza dell’ente verso l’esterno è attribuita al presidente dell’organo di amministrazione; in ogni caso le limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal registro delle persone giuridiche, non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi che ne erano a conoscenza. Sempre al presidente, che può essere affiancato da uno o più vicepresidenti, è solitamente attribuito il compito di curare l’attuazione delle deliberazioni dell’organo di amministrazione, avvalendosi del personale posto alle sue dipendenze.
La fondazione quindi, a differenza dell’associazione, non dispone di un organo come l’assemblea in grado di controllare l’operato degli amministratori e, se del caso, sostituirli o, addirittura, deliberare un’azione di responsabilità nei loro confronti. Lo stesso organo di controllo, oltre a non essere obbligatorio, risulta meno efficace dell’omologo organo di un’associazione o società, in mancanza di un’assemblea alla quale riferire le anomalie riscontrate. Queste considerazioni hanno indotto il legislatore ad affidare la vigilanza sulle fondazioni all’autorità amministrativa (“autorità governativa” nel linguaggio del codice civile).
L’autorità di vigilanza è la stessa che ha riconosciuto la fondazione, quindi il dirigente dell’ufficio regionale (o della provincia autonoma) competente o il prefetto.
In sostanza, la Fondazione potrebbe essere uno strumento senza grossi controlli né dal punto di vista delle regole che la governano ne tanto meno dal punto di vista meramente amministrativo/contabile (questo tipo di Enti sono tenuti alla redazione di un semplicissimo rendiconto economico e finanziario annuale).
Ecco perché è meglio stare attenti quando si dice #FONDAZIONE